Cambiare il Milan, per non cambiare il Milan

Torno a scrivere di Milan dopo un lunghissimo periodo di pausa. Ho deciso che scriverò qui quando vorrò farlo, senza obblighi che mi impongono di gestire un sito del genere in maniera fissa. Sento il bisogno di commentare in maniera un po’ più elaborata alcune cose facendolo con un post qui piuttosto che tramite tweet.

Potrei iniziare da Napoli-Milan, la nostra prima partita ufficiale stagionale, per poi prendere in rassegna tutte le altre in maniera generale, invece faccio un passo indietro.

I primi giorni di Luglio 2018, il Milan cambia proprietà, passando dalla gestione cinese a quella americana del fondo Elliott. Vengono chiamati in società due grandi ex giocatori rossoneri: Paolo Maldini e Leonardo, rispettivamente come “Direttore sviluppo strategico” e “Responsabile dell’area tecnica“. Per noi milanisti questa è un’ottima notizia. Ci siamo subito convinti che due uomini come Leonardo e Maldini, per accettare incarichi dirigenziali nel nuovo Milan, debbano sapere che da adesso la musica cambia e finalmente possiamo tornare ai livelli a cui siamo abituati.

La rinascita tanto agognata però, passa inevitabilmente dai risultati sportivi, che sono gli unici veri giudici di una buona gestione. La nuova proprietà decide di confermare come allenatore Gennaro Gattuso, il quale aveva salvato il Milan da una situazione complicata ereditata dalla guida tecnica di Montella, portando i rossoneri alla qualificazione all’Europa League.

Anche il mercato ha portato qualche soddisfazione: Bonucci, simbolo della fallimentare gestione cinese, è tornato alla Juventus e abbiamo acquistato proprio dai bianconeri  Caldara e soprattutto il centravanti che ci mancava da molti anni, Gonzalo Higuain. Sono arrivati anche Castillejo, Halilovic, Bakayoko e abbiamo confermato i giocatori acquistati precedentemente. Insomma, si credeva potesse essere veramente l’anno della rinascita con un gruppo consolidato, cui sono stati inseriti giocatori importanti e con la stessa guida tecnica che aveva fatto bene l’anno precedente.

E invece….

Invece oggi, 28 Settembre 2018, dopo aver giocato 5 partite ci ritroviamo con 6 punti. Il perchè non è così facile da spiegare. A tratti giochiamo anche benino, segniamo e ci portiamo spesso in vantaggio è successo contro Napoli, Roma, Atalanta ed Empoli (con l’eccezione di Cagliari), ma non riusciamo mai a chiudere la partita, ci intimoriamo e gli avversari la recuperano (solo con la Roma abbiamo vinto all’ultimo secondo).

Di chi è la colpa, quindi? Dei giocatori? Dell’allenatore? Dei tifosi che scrivono troppi tweet? Un margine di errore è per forza tollerato, ma quando l’errore diventa sistematico è un problema. Quando vedi che i giocatori ce la mettono tutta, ma non chiudono le partite e non reagiscono rabbiosamente ai momenti avversi durante le partite, ti girano. Quando l’allenatore si intestardisce con il solito modulo tattico (sparisca presto questo dannato 4-3-3) e con i soliti uomini (qualcuno ha visto in faccia Halilovic o Caldara?) c’è poco da stare sereni.

Il tifoso milanista si è ampiamente rotto di vedere le proprie ambizioni stagionali già vacillare a fine settembre dopo 5 partite. Ogni anno inizia la stagione e ci facciamo forza a vicenda, anche con entusiasmo, dicendoci che questo sarà l’anno zero, quello della rinascita. Ogni anno, da 7 anni a questa parte, dopo 5 partite siamo fuori dai giochi per le prime posizioni e ci tocca pensare ad un cambio di allenatore.

Oggi si ripresenta lo stesso scenario, con un Gattuso che tatticamente mi pare molto confuso e troppo fissato con le sue idee, senza voler sperimentare qualcosa di diverso e senza avere la giusta esperienza da allenatore per poterlo fare con carattere (e Gattuso ha fondato una carriera e forse la sua vita sul carattere). Quindi che si fa? La logica suggerirebbe un cambio di allenatore, nella speranza di trovare una guida tecnica esperta. Il sogno si chiama Antonio Conte, ma è complicatissimo arrivi ora a stagione iniziata. Quello che purtroppo è certo è che, ancora una volta, il Milan è cambiato, per non cambiare affatto.

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